"VOGLIAMO DAVVERO FARE LA FINE DELL'INTER?" LA PROFEZIA DI CARDINALE CHE SI È RITORTA CONTRO IL MILAN

NEWS

7 maggio 2025

Il day after l'impresa dell'Inter in Champions League è uno di quei giorni sportivamente più tragici per il tifo rossonero.

La premessa è d'obbligo: l'Inter, sportivamente parlando, merita i risultati che sta ottenendo.
E no, i neroazzurri non sono arrivati a lottare per la Champions League a causa di un'annata disastrosa milanista. Sono arrivati a giocarsi una finale, indipendentemente dal percorso dei loro avversari Nazionali, come premio per l'ottima gestione societaria che nel giro di pochi anni ha portato l'Inter a conquistare la tanto ambita seconda stella e due finali di Coppa dei Campioni.

Venendo ai nostri numerosi problemi interni, mai come oggi risultano beffarde le parole dei mesi passati rilasciate dal proprietario del Milan Gerry Cardinale. Parole che oggi riproponiamo attraverso l'ottimo articolo di Andrea Distaso per Calciomercato.com datato 4 maggio 2025.

"Sono trascorsi ormai più di quattro mesi dall'uscita pubblica dello studio della Harvard Business School sulla gestione del Milan targata RedBird. E da quelle dichiarazioni del patron Gerry Cardinale sull'Inter, che a distanza di tempo suonano come poco coerenti con la realtà. Evidenziando il suo approccio manageriale nel mondo del calcio e l'importanza di correlare l'ottenimento di risultati sportivi al mantenimento di un percorso virtuoso sotto l'aspetto finanziario, Cardinale si espresse così: "L’Inter ha vinto lo Scudetto l’anno scorso e poi è andata in bancarotta (ovvero che il proprietario Zhang è stato costretto a vendere al fondo Oaktree ndr), è questo davvero quello che vogliamo?”.

Ad un interrogativo di questo tipo, oggi corrisponderebbe una risposta abbastanza naturale, alla luce delle ultime due stagioni diametralmente opposte sul piano delle vittorie portate a casa. Il ragionamento di Cardinale è però soprattutto il manifesto di un approccio da parte dei fondi americani allo sport e rivolto ad un particolarmente “fuori dagli schemi” come il calcio diversissimo da come in Italia siamo abituati a pensarlo.
“Per i tifosi, il mio lavoro è vincere il campionato italiano ogni anno, lo capisco. Per i miei investitori che si concentrano sull'apprezzamento del valore finale, il mio lavoro è far sì che il Milan competa per lo Scudetto ogni anno, vada in Champions League ogni anno e si spinga sempre oltre in Coppa".

Il ragionamento dell'imprenditore statunitense è chiaro ed è contestualizzato, ma alla luce degli sviluppi che ha avuto anche questa stagione e dello status che l'Inter ha raggiunto, sia sotto l'aspetto della continuità dei risultati che della crescita economica, probabilmente l'esempio utilizzato è quello meno azzeccato che si potesse fare. Nell'analizzare la gestione della famiglia Zhang nel suo insieme, non andrebbe mai omesso un aspetto molto importante, oserei dire decisivo affinché il club nerazzurro si sia assestato come una della realtà europee più grandi, a dispetto della complicata situazione del gruppo Suning e del progressivo disimpegno finanziario.
Ossia la scelta di affidarsi a manager con competenze specifiche nella realtà del calcio italiano, Beppe Marotta in primis, contrariamente a quanto accade da un paio d'anni al Milan.

L'Inter, che ha potuto investire meno sui cartellini dei calciatori e ha dovuto costruire ogni anno la squadra secondo criteri più tradizionali e fantasiosi come i colpi a parametro zero, ha indovinato quasi tutte le mosse per raggiungere un determinato livello di competitività e, attraverso quella, generare ricavi su ricavi.


Il Milan, che ha salvaguardato i bilanci dirottando le risorse il più possibile su giocatori di maggiore prospettiva – ammortizzando su più anni i costi – e razionalizzando le spese sugli ingaggi, ha sottovalutato l'importanza di figure manageriali con esperienza consolidata in questo particolare business che è quello calcistico e ha finito per commettere una serie di errori di valutazione che vengono pagati a caro prezzo.

Anche sul fronte tanto caro alla proprietà degli introiti, con due mancati accessi consecutivi agli ottavi di Champions League e la sicura assenza della prossima stagione sul palcoscenico più prestigioso e remunerativo.

Ad oggi, nemmeno i ripetuti proclami sulla volontà di integrare il proprio gruppo dirigenziale col ritorno ad un direttore sportivo classico vengono accompagnati da fatti concreti. Il cosiddetto casting prosegue, amministrato con tempistiche e modalità che tutto lasciano immaginare tranne che si tratti di una questione primaria. Il modus operandi è quello degli ultimi anni, come se non si comprendesse o non si volesse ammettere di aver commesso qualche sbaglio sul percorso intrapreso. Quando, al contrario, il buon senso e la concretezza delle azioni messe in pratica dall'altra parte del Naviglio indicherebbero la strada giusta da percorrere."



EN VERSION

The day after Inter's Champions League feat is one of the most tragically emotional days for Milan fans.

First, let’s make one thing clear: Inter, from a sporting perspective, fully deserves the results it's achieving.
And no, the Nerazzurri didn’t reach the Champions League final just because of a disastrous season by Milan. They got there on their own merit, regardless of the domestic performance of their rivals, as a reward for excellent club management that, within a few years, has earned them the coveted second star and two Champions League final appearances.

As for Milan’s internal problems, the words spoken in recent months by club owner Gerry Cardinale feel more ironic than ever. Words that today resurface through an insightful article by Andrea Distaso for Calciomercato.com, dated May 4, 2025:

“It’s been over four months since Harvard Business School’s public release of its study on Milan’s RedBird-led management. And since Gerry Cardinale’s statements about Inter, which now seem inconsistent with reality. Emphasizing his managerial approach to football and the importance of linking sporting success to financial sustainability, Cardinale said: ‘Inter won the Scudetto last year and then went bankrupt (meaning their owner Zhang was forced to sell to the Oaktree fund – ed.), is that really what we want?’”

In response to such a question, the answer today would seem obvious, in light of the two teams' contrasting past two seasons.
Cardinale's reasoning, however, is emblematic of the approach American investment funds tend to apply to sports – especially football – which is vastly different from how it’s traditionally viewed in Italy.

“For the fans, my job is to win Serie A every year, I understand that. For my investors, who focus on value growth, my job is to ensure Milan competes for the Scudetto every year, qualifies for the Champions League every year, and consistently advances in European competition.”

His logic is clear and has context, but given how this season unfolded and the level Inter has reached – both in terms of consistency and financial growth – the example he chose might now seem like the least appropriate one.
Analyzing the Zhang family’s overall management, one crucial and arguably decisive factor behind Inter's rise as a major European club should never be overlooked: the decision to rely on football executives with deep knowledge of the Italian game, primarily Beppe Marotta. Something Milan has lacked for the past couple of years.

Inter, which had less to spend on transfers and had to rebuild every season with more traditional and imaginative strategies like free-agent signings, hit the mark with almost every move to remain competitive and generate increasing revenues through performance.

Milan, by contrast, has focused on protecting the balance sheet, redirecting resources toward younger prospects (spreading costs over multiple years) and keeping salary expenses in check. But this came at the cost of underestimating the value of experienced football executives, leading to a series of poor decisions now proving costly.

Even from a revenue standpoint – which the ownership values highly – Milan’s consecutive Champions League round-of-16 absences and certain exclusion from next season’s edition will have heavy consequences.

As of now, not even repeated statements about the desire to bring in a traditional sporting director have been followed by real action. The so-called casting continues, handled with timelines and methods that suggest this is far from a top priority.
The club continues with the same approach of recent years, as if it doesn’t understand – or won’t admit – the mistakes made. Meanwhile, common sense and Inter’s practical, results-driven path across town seem to show the right way forward."