NESTA A PRIME VIDEO: "DA MANCHESTER AD ATENE, ECCO IL MIO MILAN"

27 marzo 2025

Lunga chiacchierata tra Alessandro Nesta e Luca Toni sul canale YouTube di Prime Video. L'ex milanista ha ripercorso tutta la sua carriera, partendo dal ritiro in America fino ad arrivare alle due Champions conquistate con la maglia rossonera. Ecco l'intervista completa:

ADDIO AL CALCIO – «Sono andato a Montreal in MLS. Dopo che ho smesso lì dopo 6-7 mesi mi ha chiamato Materazzi, che faceva l’allenatore-giocatore in India. Si metteva trequartista, la tattica era fiondata su di lui con gli altri che partivano sulla spizzata».

ADDIO AL MILAN – «Ho detto basta dopo che mi sono operato e prendevo due voltaren al giorno, ero fritto. Il corpo cominciava a dirmi basta. L’anno prima avevo fatto le due partite col Barcellona con Messi, le avevo portate a casa non so come. L’anno dopo mi dicevo che se avessi beccato un altro così mi avrebbe sfondato, quindi ho detto che era ora. Il Milan mi aveva proposto un altro anno di contratto, io ho detto di no. Io sono un difensore e devo correre dietro la gente e quindi me ne sono reso conto che era ora, gli attaccanti fanno più fatica a capirlo».

ESPERIENZA ALL’ESTERO – «Avevo già pronto tutto per andare in Canada. Non ero pronto per smettere totalmente mentalmente, da 100 a 0 è difficile per me. Il problema è quando ho smesso veramente, lì sono andato giù mentalmente. Dopo l’India ho detto basta. Poi sono andato a Miami con mia moglie, ci siamo rimasti per 10 anni. Avevo già casa, ci andavo d’estate e mi piaceva. Ma sono stato talmente tanto sul divano che sono rimasto giù mentalmente, lo ammetto. Io ho sofferto proprio, tutti i giorni erano uguali: mia moglie mi portata ai Caraibi, albergo super e io dopo un giorno volevo andare via. Mia moglie non mi ha cacciato di casa perché mi vuole bene, una santa. Allora mi sono detto che dovevo rimettermi in gioco. Non avevo più l’adrenalina, mi mancava la competizione. Depressione grossa no, ma rompevo le scatole in casa. Tra un po’ anche il cane me lo diceva. Avevo bisogno di tornare nel calcio e l’unico modo per farlo era da allenatore. Da dirigente no, non mi piace. Sono un uomo di campo, devo cercare di incidere ogni domenica. È un percorso che farò e che magari mi porterà da qualche parte. È più bello giocare, ma poi mi ha preso e ti sale l’adrenalina, cambi mentalità».

NESTA E MALDINI – «Ci avevo già giocato insieme in Nazionale, poi sono andato al Milan. È il più forte difensore in assoluto per qualità fisica e mentale. Sbagliava anche lui, pochissimo, ma quando sbagliava non lo intaccava per niente. Sempre sul pezzo, parlava poco. Il migliore del calcio mondiale. Mi ha insegnato la mentalità. Io venivo da Roma con il capello stirato, sandali e bermuda, lui mi ha insegnato come si stava al Milan. Aveva una forza… A 40 anni andava ancora come un treno. È stato il più forte, l’unica persona che quando incontro mi mette in imbarazzo. Perché? Non lo. Imbarazzo nel senso che è diverso dagli altri».

ISTANBUL – «Iniziamo nel primo tempo dicendo che li avremmo sfondati, eravamo carichi. Eravamo freddi. Nello spogliatoio abbiamo festeggiato? Ma no. È qualche scemo dell’altra squadra, non so neanche come si chiama, che ha detto ste cose… Noi invece abbiamo anche discusso, il clima era abbastanza teso, sapevamo che era ancora lunga. Sai chi li ha tenuti su? Gerrard. Era ovunque, è stato un animale. Poi nel secondo tempo l’episodio che prendi gol, il secondo che non capisci come e poi ti viene il braccino corto. Sapevamo a fine primo tempo che era ancora lunga e che avremmo dovuto giocare forte. È successo anche altre volte che prendi gol… Sul 3-2 ci è po’ mancato… Sul 3 pari abbiamo ricominciato, Dudek fa una parata clamorosa che neanche sa come ha fatto: apre un braccio e Sheva gli tira da un metro e la palla si impenna. Poi andiamo ai rigori e perdiamo. È stata una roba… È andato male tutto. Nello spogliatoio nessuno parlava, nessuno si è permesso. Eravamo con le famiglie, siamo andati a mangiare e c’era un silenzio… Tutti morti eravamo. Rino d’estate voleva andare via ma Galliani l’ha convinto, ma comunque eravamo tutti depressi. Per tutti i mesi estivi per quel mezzo secondo in cui apri gli occhi quando ti svegli dicevo: “Non è possibile dai, non è vero”. E invece dopo quando ci siamo rivisti ci siamo ricaricati. C’era un gruppo di italiani forte, quelli giusti. Ci siamo detti che non poteva finire così. Ci siamo rimessi al lavoro. Maldini ha detto le parole giuste, non parlava tanto: “Rimbocchiamoci le maniche, si riparte”. Dovevamo solo superarla. Rino era morto, penso si sia frustato tutta l’estate. È stato male, sai com’è lui. Ma alla fine si è ricaricato, era quello che ci dava l’input: dava due scarpate e partiva l’allenamento. Anche in quel caso è stato giusto. Paolo, Rino, Andrea, Ambro… Sono stati giusti e siamo ripartiti».

CHAMPIONS LEAGUE 2003 – «All’inizio… L’anno prima mi aveva chiamato il Real Madrid e non sono andato, volevo stare alla Lazio: ero un ragazzo particolare all’epoca (ride, ndr). Poi è arrivato il Milan, la Lazio era mezzo andata… Il primo anno vinciamo Champions e Coppa Italia».

ESPERIENZA AL MILAN – «Top mai visto. Puoi prendere qualsiasi casa che vuoi in affitto e loro ti pagano l’affitto. Dopo, se vuoi, ti portano al mobilificio e ti comprano tutti i mobili che vuoi. A mia moglie ho detto: “Non facciamo i romani…” (ride, ndr). Davvero devi pensare solo a giocare. All’inizio che mi sono staccato dalla Lazio stavo male, ma dopo che ho capito in che club ero mi sono tirato su le maniche. I primi quattro mesi ho fatto schifo. Prima partita a Modena, il mio esordio: ho fatto ridere. Poi sono partito, Paolo mi ha dato una mano. All’inizio non ero ancora pronto a staccarmi da Roma… Poi però ho cominciato e il primo anno sono stato fortunato perché abbiamo vinto la Champions».

FINALE CON LA JUVE – «Nessuno ha dormito. Perché se perdi contro il Manchester United nessuno dice niente, ma se perdi contro la Juve… È stato molto teso anche Maldini, quando l’ho visto teso mi sono preoccupato. Io ero con Pirlo in camera, Andrea non si vedeva tanto che era teso. Ma era teso anche lui. Una partita tesa contro una squadra tesa, la Juve era rocciosa e tosta. Non era super bellissimo come giocava, ma ti venivano sempre addosso. Per me è stata una partita brutta. Nel primo tempo noi, nel secondo tempo loro… Poche occasioni, Buffon ha fatto una parata importante su Pippo, loro hanno preso traversa con Conte. E poi andiamo ai rigori».

RIGORE A BUFFON – «Gli ho fatto un po’ di maledetta (ride, ndr). L’ho presa col dito… Io avevo calciato un rigore, in U21. Prima dei rigori qualcuno zoppicava, altri non se la sentivano… Io ho detto che avrei tirato e il mister ha fatto finta di non vedermi al primo giro (ride, ndr). Poi ha visto che non tirava nessuno e mi ha chiesto se fossi sicuro: gli ho detto di non preoccuparsi. Non avevo mai calciato un rigore. Nella mia carriera ho avuto occasioni in cui sono andato a vuoto: ho fatto un derby in cui sono uscito a fine primo tempo, Montella mi ha fatto tre gol e non ci avevo capito niente. Ero rimasto ferito da me stesso. Allora dovevo trovare un’occasione per rifarmi. Dovevo essere credibile a me stesso, della gente non me ne frega niente. L’ho sentita di doverlo tirare, dovevo mettere via quella roba la. E allora mi sono presentato. Mi ero preparato: aspetto fino all’ultimo secondo e poi appena si muove Gigi la piazzo. Arrivo carico per tirare e invece Buffon non si muove, rimane fermo. Allora non avevo tanto un piano B, quindi ho dovuto aprire il tiro all’ultimo secondo e mi è partito un po’ così… E Gigione non l’ha presa. Poi follia, una festa mai vista. Eravamo a Manchester tutta la notte, tu sai bene cosa succede quando vinci con i tuoi compagni. Eravamo un gruppo speciale».

MILAN PIU’ FORTE – «No, quello era il Milan che ha perso ad Istanbul. Con Jaap Stam, un animale. Mamma mia».

RETROSCENA CON DI VAIO – «Sì, c’era Di Vaio che era mio fratello. Gli ho detto attaccati (ride, ndr). Scherzo. Ci siamo messi a parlare, anche con mister Lippi. È stato bellissimo. La Champions ti porta in un mondo diverso, finché non vai lì il tuo status di giocatore non sale, così come quando vinci il Mondiale».

SE HA TIRATO ALTRI RIGORI DOPO MANCHESTER – «Sì, ne ho tirato uno in Supercoppa e ho fatto gol sempre a Gigione. Dopo basta, non si sono più fidati. Quando siamo andati ad Istanbul mi sono proposto ancora, ma il mister non me l’ha fatto tirare».

SCUDETTI – «Ne abbiamo vinti pochi. Tre finali di Champions e poi vinciamo solo due scudetti… Il club era più predisposto alla Champions, anche la gente. In Champions difficilmente sbagliavamo partita, mentre se andavamo a giocare a Reggio Calabria, per dire, magari pareggiavamo. Il mister è più predisposto alla Champions, vedi anche ora al Real Madrid. La società era per la Champions, ma anche la gente: si accendeva, era diverso il clima».

CHE MILAN E’ STATO IL SUO – «Fortissimo. Poi hanno avuto la bravura di mettere dentro due-tre giocatori che non conosceva nessuno come Ricardo Kaká: è arrivato che sembrava un postino. Ma andava a duecento all’ora, nessuno si aspettava che andasse così forte. Thiago Silva veniva dalla Russia, ci si chiedeva chi fosse. Invece era fortissimo. Thiago Silva, Stam, Maldini, Kaladze… Gente fortissima».

SE C’E’ QUALCUNO CHE HA FATTO MENO – «Per me no, tutti hanno dato tutto per la squadra».

SCUDETTO PIU’ SENTITO AL MILAN – «Il primo. Era un anno in cui eravamo usciti dalla Champions e così abbiamo rimesso la stagione su. Però lo scudetto che mi rimane più nel cuore è quello che ho vinto con la Lazio. Perché a Milano scudetti, coppe… Sono abituati. Festeggi un giorno. A Roma abbiamo festeggiato un mese. Al Milan si festeggia forte quando si vince la Champions».

ATENE – «Segno del destino. Eravamo convinti che avremmo vinto. Il destino ce li aveva riportati lì, non potevamo sbagliare quella partita, non potevamo non vincere. Poi abbiamo giocato peggio rispetto a quella che non avevamo vinto, ma siamo stati più solidi. Eravamo convinti di vincere, già da inizio partita».

RETROSCENA INZAGHI PRIMA DELLA FINALE – «Pippo non stava in piedi, era mezzo stirato… Gila era in un momento di forma mai vista. Speravamo tutti che giocasse lui. Queste sono le grandi intuizioni del mister che ti fanno vincere la Champions, lui sa che in quella partita Pippo Inzaghi, anche a pezzi, ha più chance di fare gol di Gila. Pensa come gli cambia la vita a Pippo quella partita».

SENSAZIONI – «Meno tesi dell’altra volta, eravamo convinti che la portavamo a casa in qualsiasi modo. Avevamo Kaká che era in una forma strepitosa. Loro giocavano a 4 in mezzo, lui ogni tanto dava certe fiammate… Eravamo sicuri di vincere. Ci è capitato anche col Boca. Vinciamo la Champions, perdiamo col Boca, rivinciamo la Champions e becchiamo nuovamente il Boca Juniors. E vinciamo».

COME E’ STATO IL LIVERPOOL IN FINALE – «Erano un po’ in piedi. Avevano vinto due prima, quando vinci ti sgonfi un po’. Ma sapevano che era nostra. Lo sapevano anche loro».

SEEDORF – «Gli voglio bene come ad un fratello. Io ho un carattere particolare, ma pure lui. Litigavamo. Abbiamo litigato tanto, voleva sempre fare il contrario. Ma per dirvi che rapporto abbiamo, una volta lui è andato a Los Angeles e per 4-5 giorni mi ha lasciato il figlio a casa a Miami, è un grande amico mio. Però con Clarence, per caratteri, ci siamo beccati un po’… È un ragazzo super, un giocatore che in campo ti fa vincere le partite ma a volte personalità anche troppa (ride, ndr). È un grande, un ragazzo d’oro».



EN VERSION

Long chat between Alessandro Nesta and Luca Toni on Prime Video's YouTube channel. The former AC Milan player retraced his entire career, from retiring in America to winning two Champions League titles with the Rossoneri. Here is the full interview:

FAREWELL TO FOOTBALL – "I went to Montreal in the MLS. After I stopped playing there, about 6-7 months later, Materazzi called me. He was a player-coach in India. He would play as a trequartista, and the tactic was all about him, with the others running onto his flick-ons."

FAREWELL TO MILAN – "I quit after surgery when I had to take two Voltaren a day—I was done. My body was telling me it was over. The year before, I had played two games against Barcelona with Messi, and I don’t even know how I got through them. The following year, I thought that if I faced another player like that, he would destroy me. So I knew it was time. Milan offered me another year, but I said no. I'm a defender—I have to chase people. I realized it was time to stop, but attackers take longer to understand that."

EXPERIENCE ABROAD – "I already had everything set up to go to Canada. Mentally, I wasn’t ready to stop completely. Going from 100 to 0 was difficult for me. The real problem was when I actually stopped playing—that's when I struggled mentally. After India, I said enough. Then I moved to Miami with my wife, and we stayed there for 10 years. I already had a house there; I used to go in the summer, and I loved it. But I spent so much time on the couch that I felt really low. I admit it—I struggled. Every day felt the same. My wife took me to the Caribbean, a super hotel, but after a day, I wanted to leave. My wife didn’t kick me out because she loves me—she’s a saint. So I told myself I had to get back in the game. I had lost the adrenaline, I missed competition. I wasn’t in deep depression, but I was annoying everyone at home. Even the dog was probably telling me to do something. I needed to get back into football, and the only way was as a coach. Being an executive? No, I don’t like it. I'm a field guy—I need to make an impact every Sunday. It's a journey I'll take, and maybe it will lead somewhere. Playing is better, but once coaching gets to you, the adrenaline kicks in, and you change your mindset."

NESTA AND MALDINI – "I had already played with him in the national team before I joined Milan. He is the strongest defender ever, both physically and mentally. He made mistakes too—very few—but when he did, it never affected him. He was always focused, spoke little. The best in world football. He taught me the right mentality. I came from Rome with straightened hair, sandals, and Bermuda shorts, and he taught me what it meant to be at Milan. He had incredible strength… At 40, he was still running like a train. He was the best, the only person who still makes me feel a bit awkward when I meet him. Why? I don’t know. Awkward in the sense that he’s different from everyone else."

ISTANBUL – "In the first half, we started thinking we were going to crush them—we were pumped. We were cold and focused. Did we celebrate at halftime? No way. Someone from their team—some fool, I don’t even know his name—said we did, but that’s nonsense. We even had arguments in the dressing room; the atmosphere was tense because we knew the game was far from over. Do you know who kept them alive? Gerrard. He was everywhere, a beast. Then in the second half, we conceded a goal, then another that we didn’t even understand how it went in, and suddenly, we got nervous. We knew at halftime that we had to stay strong. It’s happened before—sometimes you concede goals… At 3-2, we almost had it… At 3-3, we restarted, and then Dudek made an unbelievable save—he didn’t even know how he did it. Sheva shot from a meter away, and somehow the ball deflected up. Then we went to penalties and lost. It was just… everything went wrong. In the locker room, no one spoke. No one dared. We were with our families, we went out to eat, and it was total silence. We were dead inside. That summer, Rino wanted to leave, but Galliani convinced him to stay. But honestly, we were all depressed. Every morning for months, that split second when I woke up, I thought, ‘This can’t be real.’ But then, when we got back together, we recharged. We had a strong Italian core, the right people. We told ourselves it couldn’t end like that. So we got back to work. Maldini didn’t talk much, but when he did, he said the right words: ‘Roll up your sleeves, let’s go again.’ We just had to get over it. Rino was broken—he probably punished himself all summer. He took it hard, you know how he is. But eventually, he recharged. He was the one who set the tone: he’d throw in two hard tackles, and training would start. And that was the right approach. Paolo, Rino, Andrea, Ambro… They were the right guys, and we restarted."

2003 CHAMPIONS LEAGUE – "At first… The year before, Real Madrid had called me, but I didn’t go—I wanted to stay at Lazio. I was a bit of a stubborn kid back then (laughs). Then Milan came, and Lazio was already in trouble… My first year, we won the Champions League and the Coppa Italia."

EXPERIENCE AT MILAN – "Unbelievable. You could rent any house you wanted, and they would pay for it. Then, if you wanted, they’d take you to a furniture store and buy everything for you. I told my wife, ‘Let’s not go overboard…’ (laughs). You really just had to focus on playing. At first, leaving Lazio was tough for me, but when I realized what kind of club Milan was, I rolled up my sleeves. My first four months were terrible. My debut in Modena—I was awful. But then I got going, and Paolo helped me. At first, I wasn’t mentally ready to leave Rome… But once I got started, I was lucky because we won the Champions League in my first year."

FINAL AGAINST JUVE – "No one slept. Because if you lose against Manchester United, no one says anything. But if you lose against Juve… Maldini was tense, and that worried me. I was rooming with Pirlo, and even though he didn’t show it, he was tense too. It was a tough game against a tough team. Juve wasn’t flashy, but they were always on you. For me, it was an ugly match. First half was ours, second half was theirs… Few chances. Buffon made a big save on Pippo, they hit the crossbar with Conte. And then, penalties."

MILAN’S STRONGEST TEAM – "No, it was the Milan that lost in Istanbul. With Jaap Stam, a beast. Unbelievable."

ATHENS – "It was destiny. We were convinced we’d win. The way things aligned, we couldn’t lose that game. We actually played worse than in Istanbul, but we were more solid. From the start, we knew we’d win."

SEEDORF – "I love him like a brother. But we fought a lot. He always wanted to do the opposite of what was asked. But he’s an incredible guy, a game-winner. Sometimes, he had too much personality (laughs). But he's a great guy."